Buon salve bookspediani.
Oggi vi parlo di un altro romanzo che ho concluso qualche tempo fa, ma di cui riesco a postarvi la recensione solo ora, ossia "Il mio nome era Anastasia" di Ariel Lawhon.
Titolo: Il mio nome era Anastasia
Autore: Ariel Lawhon
Genere: Romanzo Storico
Editore: Piemme
Data di uscita: 25 Giugno 2019
Autore: Ariel Lawhon
Genere: Romanzo Storico
Editore: Piemme
Data di uscita: 25 Giugno 2019
Adesso è il mio turno.»
Era il 16 luglio del 1918 quando i tumulti che scuotono la Russia dopo la Rivoluzione d'Ottobre prendono forma in uno degli atti più violenti che la storia dell'impero ricordi: l'esecuzione a sangue freddo dell'intera famiglia dello zar Nicola II Romanov. Sua moglie e i suoi figli furono tutti freddati a colpi di fucile nei sotterranei della casa di Ekaterinburg dove erano agli arresti domiciliari. Nessuno sopravvisse, o almeno così si pensò.
È il 17 febbraio del 1920 quando una giovane donna viene ritrovata a Berlino, in un canale, vicina alla morte per assideramento. In ospedale, ormai salva, i medici scoprono che il suo corpo è ricoperto di orrende cicatrici. E quando finalmente la donna apre bocca, sarà per dire il proprio nome: Anastasia. In molti non le credono: per loro è solo Anna Anderson, una polacca emigrata in Germania, a cui interessa soltanto la fortuna della famiglia zarista. Ma in Europa comincia a diffondersi, tra reali in esilio e circoli dell'alta società, la voce che la giovane Anastasia sia sopravvissuta. Che la figlia più piccola dello zar Nicola II e della zarina Alessandra, la spericolata bambina che tutti amavano, sia ancora viva.
Tra speculazione, verità, inganni, Ariel Lawhon costruisce un romanzo ricco, sorprendente e prezioso come un uovo Fabergé, raccontandoci la storia incredibile di Anastasia Romanova e di Anna Anderson, la donna che sostenne sempre di essere la granduchessa russa, giocando in modo irresistibile con la Storia e i suoi misteri.
IL MIO VOTO
Il personaggio di Anastasia è sempre stata una figura storica che mi sta particolarmente a cuore, non solo per il cartone animato sviluppato proprio in suo onore, ma perchè ha una storia ricca di mistero e di drammaticità, che non può che incuriosire, per questo ho spesso letto notizie su notizie sulla sua vita e, quando ho scoperto l'uscita di questo romanzo, era inevitabile che catturasse il mio interesse, anche se mi aspettavo una lettura completamente diversa.
Ariel Lawhon, l'autrice di questo libro, sceglie di dividere la narrazione in due grandi filoni storici e ovviamente tra due protagoniste: la prima linea riguarda Anastasia, la Gran Duchessa, e assistiamo all'inizio della rivoluzione che decreta la fine dell'impero dei Romanov, siamo quindi nel 1917, solo un anno separa Anastasia da quella notte del 1918 in cui viene uccisa insieme a tutta la sua famiglia, e l'autrice non può che percorrere insieme a noi come la ragazza ha vissuto questo ultimo periodo, passando da una reale a una prigioniera. La seconda linea narrativa invece riguarda Anna Anderson, la donna che sostiene di essere Anastasia, l'unica Romanov sopravvissuta a quella notte terribile, e a differenza della linea temporale di Anastasia, la sua va a ritroso, ossia parte dal 1970 e più la storia continua, più la sua vicenda va indietro nel tempo, parallelamente a quella di Anastasia che va sempre più avanti, fino a ritrovarsi allineate solo alla fine e questo espediente narrativo è perfetto perchè lascia in sospeso il lettore fino alla fine, non comprendendo se effettivamente Anna è Anastasia oppure no.
Sicuramente mi sono ritrovata molto più coinvolta nella storia di Anastasia, un personaggio che è diventato una leggenda, di cui l'autrice è riuscita a creare una versione molto realistica, quasi tangibile, per far capire al lettore cosa stesse passando, rendendola il più umana possibile.
Del resto è chiaro che il popolo russo non potesse più sopportare il regno dello Zar Nicola, è facile quindi per chi non ha abbastanza cibo per arrivare a fine mese, dare la colpa al monarca, il quale vive nel lusso più sfrenato e non ha problemi a sfamare la sua famiglia, tuttavia non ci si ferma a pensare alla condanna che le sue figlie, sua moglie e suo figlio stanno subendo, una condanna di cui non hanno colpa se non di essere nati in una famiglia benestante ma nel momento sbagliato. Anastasia, insieme alle sue sorelle infatti, ignora cosa succede al di fuori del proprio palazzo, ma ben presto comprende cosa significa passare da principessa a prigioniera e quindi venire privata della sua casa, dei vestiti e dei gioielli inizialmente, fino a comprendere a poco a poco cosa significa essere un cittadino che lavora per produrre il proprio cibo e quindi mangiare, e successivamente l'importanza della libertà.
La sua storia inizia con calma, tutte le sue sicurezze vengono strappate a poco a poco, ma inizialmente viene ancora considerata una persona, poi più si avvicina la data della sua fine, più la sua storia subisce un crescendo di emozioni e di sensazioni che lasciano il lettore esterrefatto, poichè sapere cosa sta per succedere è una cosa, ma trovarsi a leggere con i propri occhi, senza avere la possibilità di evitarlo o di fare qualcosa per salvare i Romanov, è tutt'altro. Non posso quindi negare che la storia della Gran Duchessa Anastasia risulta a mio avviso molto più approfondita e molto più interessante, forse proprio per l'interesse che si è creato dietro al suo mito.
Per quanto riguarda Anna Anderson, la sua storia è caratterizzata principalmente da questo sentore di mistero, dal fatto di voler credere a tutti i costi che sia Anastasia perchè significherebbe che almeno qualcuno sia sopravvissuto a quel crudele massacro, anche perchè è a conoscenza di dettagli ed elementi che solo una vera Romanov potrebbe conoscere, e di fatti il mondo è diviso: vuole credere alla sua verità, ma ci sono anche persone che dubitano della sua parola, per questo la sua vita è caratterizzata principalmente da ricorsi e appelli in tribunale, per farsi ufficialmente riconoscere come Anastasia, una lotta continua contro il sistema che inizia fin dal 1920 e ancora nel 1970 ha luogo. Anna è un personaggio certamente emblematico, basta ovviamente andare su internet per conoscere la verità su di lei, tuttavia durante la narrazione è impossibile capire se effettivamente mente o se sta dicendo il vero e di fatto dal 1920 al 1970 non esisteva internet, elemento che l'autrice ha voluto mantenere con il lettore stesso, per farlo sentire parte integrante della storia e quindi fargli nascere il dubbio che Anna potesse essere davvero Anastasia, salvo poi rivelare solo alla fine la verità.
Quello che racconta Ariel Lawhon di fatto è proprio la storia nuda e cruda di Anastasia e di Anna, ci sono alcune parti che sono state cambiate come qualche nome ma semplicmente per facilitare la lettura al lettore, che già così si ritrova in difficoltà visto quanto sono ostici i nomi russi, ma di fatto tutto corrisponde al vero ed è lei stessa a dire che il suo desiderio non era raccontare una storia che potesse avere un lieto fine, ma narrare esattamente quello che è accaduto, perchè di questo c'è bisogno. Le favole sono fatte per sognare e di questo ne abbiamo prova nel cartone animato dedicato ad Anastasia, questa invece è la testimonianza della sua vita e della possibilità che possa essere sopravvissuta, tuttavia se volete sapere se ha un lieto fine o meno, tocca a voi deciderlo leggendo questo libro. Quello che è chiaro è che lo stile dell'autrice, per quanto si appresti a raccontare una storia vera, non è per niente ostico, anche se in alcuni punti risulta prolisso, ma si vede la passione che mette nel raccontare questa storia e la voglia che ha di far capire al lettore quanto le stia a cuore, perchè di fatto è stata proprio questa storia a cercarla, pregava di essere raccontata e la Lawhon ha accolto questa preghiera, dando tutta se stessa, documendandosi in primis, dettaglio che non passa certo inosservato perchè l'accuratezza storica è decisamente un punto a suo favore.
Non so definire esattamente cosa mi aspettassi di trovare all'interno di "Il mio nome era Anastasia", tuttavia ammetto di essere rimasta spiazzata da come l'autrice abbia scelto di raccontare questa storia. Quello che più mi ha disturbato è stata la scelta di narrare a ritroso gli avvenimenti dedicati ad Anna Anderson, un dettaglio che non deve essere stato per nulla facile nemmeno per l'autrice stessa e che ho compreso solo alla fine, quando il 1918 di Anastasia e il 1920 di Anna si sono finalmente incontrati e hanno svelato la verità che tanto attendevo di scoprire. Del resto partendo dall'inizio sarebbe stato facilmente intuibile dove l'autrice volesse andare a parare con il personaggio di Anna, una donna certamente dubbia e misteriosa che è desiderosa di provare a tutti di essere davvero Anastasia, ma proprio per questa scelta e per il suo personaggio ho trovato questa parte leggermente più ostica e quindi questo non mi ha fatto amare completamente questo romanzo, che invece merita tutte le mie lodi per la parte dedicata ad Anastasia.
Tante sono le tematiche che tratta l'autrice, così come tantissime sono le sensazioni che si provano leggendo questa storia, come se qualcuno ci strappasse qualche arto, tanto fa male leggere alcune scene, ma proprio per la sua fedeltà alla storia e per la sua brutalità, mista a qualche attimo di tenerezza in un mondo pieno di odio, merita una possibilità di lettura, in particolare per chi ama Anastasia.
si ringrazia la casa editrice
Nessun commento:
Posta un commento