Bookspediani belli, oggi vi parlo di un titolo bello tosto che è parte della storia della sua autrice, per cui una storia realistica che non va presa alla leggera ma che merita un'occasione.
Titolo: Una bambina perduta
Autore: Torey L. Hayden
Editore: Corbaccio
Genere: Non Fiction
Genere: Non Fiction
Data di uscita: 28 Maggio 2020
Jessie ha nove anni ed è la classica bambina perfetta, capelli rossi, occhi verdi, sorriso accattivante. Ha un vero talento per disegnare e i suoi disegni sono dei ghirigori complicatissimi. Ma Jessie è anche abilissima a ottenere sempre quello che vuole, mentendo, urlando e picchiando gli altri bambini. I genitori non sanno come prenderla e gli assistenti sociali non riescono a combattere i suoi impulsi violenti e autodistruttivi. Dopo una serie di passaggi in istituti vari, Jessie riceve finalmente una diagnosi di «disturbo reattivo dell’attaccamento», tipico di quei bambini che non possono instaurare dei legami di fiducia con gli adulti che dovrebbero occuparsi di loro. Viene chiamata Hayden in qualità di psicologa per avviare una terapia. Ma quando Jessie lancia un’accusa gravissima verso un collega di Hayden, il suo lavoro raddoppia: non solo deve cercare di andare alla radice dei disturbi di Jessie, ma anche capire se quel che dice la ragazzina ha un fondamento di verità.
IL MIO VOTO
L'autrice, Torey Hayden, è una donna che lavora proprio con bambini con problematiche ed esigenze particolari, un lavoro da non sottovalutare e ovviamente da non dare per scontato. Il suo volerci portare all'attenzione questa testimonianza non è certamente per avere lodi o per avere qualche riconoscenza del lavoro che fa, ma è per farci capire che l'età più importante per i bambini e per lo sviluppo della loro personalità è proprio l'infanzia e quindi, quando questa di fatto viene distrutta, bisogna lavorare con loro per dargli serenità e l'occasione di avere almeno un buon futuro, come doveva essere l'infanzia. Onestamente ammiro questa donna e la pazienza che dimostra nelle varie sessioni con Jessie, così come sicuramente avrà fatto tante volte con altri pazienti, perchè penso che ci voglia davvero tanta passione e tanta costanza per entrare nel mondo di questi bambini, perduti proprio come il titolo del libro, e offrigli una possibilità di ritrovarsi, di tornare alla vita e lasciarsi alle spalle tutti i traumi che possono aver subito.
Non è solo Jessie infatti a spiccare nel libro, ma è anche Torey, la stessa narratrice ma anche la persona che ha vissuto tutto quello che racconta come testimonianza di quanto pazienza e amore e ovviamente un giusto approccio a questi ragazzi, possono davvero cambiare delle vite.
La storia della Hayden ha un grande impatto verso il lettore che si ritrova nella vita di questa bambina e quindi nutre subito un grande affetto per lei e una grande empatia per la sua situazione, allo stesso tempo i suoi comportamenti e le parole che le escono di bocca anzichè avvicinare ancora di più il lettore e la stessa Torey, li allontanano, come se Jessie fosse felice della sua situazione e non volesse alcun aiuto. Questo fa capire che purtroppo tanti bambini hanno modi diversi di gridare aiuto e non sempre le loro urla vengono ascoltate, spesso sono bugiardi ma in quella bugia si può anche nascondere la verità e arrivare alla base di un trauma che possono aver subito. Ecco perchè il lavoro della Hayden è così essenziale e in questo elaborato ce lo racconta, così come mette in evidenza le differenze tra il sistema americano e il sistema inglese, per cui un sistema diverso che non unisce ma quasi allontana la possibilità di aiutare questi bambini in queste situazioni. L'autrice spesso si riferisce a queste differenze anche nel lessico di tutti i giorni e la stessa Jessie la prende in giro a riguardo e purtroppo questo non linguaggio universale può essere una barriera. Dunque la Hayden non ci parla solo del suo lavoro e di come si approccia ai bambini e come affronta, insieme ad essi, i propri traumi, la ci fa capire il ruolo fondamentale della famiglia nella vita di questi ragazzi e quanto essere amati e accettati incida sulla nostra vita, ci parla di traumi e di come non sempre l'affido vada a buon fine per i ragazzi, che spesso diventano ancora più chiusi e traumatizzati, specie se non trovano subito una famiglia o ancora peggio, vengono riconsegnati al mittente, come se fossero un oggeto sbagliato, un ordine non andato a buon fine. Sono tematiche che fanno male e che spezzano il cuore ma di fatto tremendamente realistiche e proprio per questo ancora più di impatto per il lettore.
Non ho una preparazione specifica a questo argomento, ma mi sono sentita subito attratta da questa storia che di fatto vuole essere la condivisione di una donna che ha scelto un lavoro davvero difficile ma necessario per poter trovare un modo di aiutare bambini che di fatto gridano aiuto ma non vengono ascoltati. Il romanzo, per quanto sia una storia autobiografica, non e assolutamente pesante o difficile da leggere, infatti lo stile dell’autrice è molto semplice e tuttavia accurato in quello che ci racconta e ci spiega, facendoci entrare nel suo mondo e provando a farci capire l’importanza di comprendere e aiutare questi bambini che hanno problematiche ma che di fatto non riescono a farle capire proprio perché troppo piccoli per comprenderle loro stessi, se non manifestando un disagio che è un campanello di allarme e deve essere capito e non semplicemente bollato come un comportamento infantile o come un’occasione di liberarsi di loro perché troppo impegnativi.
La Hayden non è la prima volta che condivide con noi la sua vita, per me invece è stata la prima occasione per conoscerla ed è stato estremamente istruttivo, una lettura di grande impatto con uno stile semplice e diretto, chiaro anche per chi non se ne intende di psicologia ma che ovviamente non viene senza una forte scossa emotiva e quindi non è una lettura adatta a tutti, ma è perfetta per chi cerca una storia che fa capire che l'amore di fatto è la chiave per affrontare anche i momenti più difficili.
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