Bookspediani oggi si conclude il blogotur dedicato a "Non è questo che sognavo da bambina" di Sara Canfailla e Jolanda Di Virgilio e io per l'occasione ho avuto la possibilità di intervistare le autrici, che sono state super gentili e disponibili a dedicarmi praticamente un'ora del loro tempo in videochiamata, e soprattutto grazie all'ufficio stampa che ovviamente ha giocato una parte fondamentale, per cui questo è quello che è uscito fuori dal nostro scambio di parole!
IL ROMANZO
Autore: Sara Canfailla e Jolanda Di Virgilio
Editore: Garzanti
Genere: Narrativa
Data di uscita: 26 Agosto 2021
TRAMA:
Neolaureata. Coinquilina. Fuorisede. Precaria. Se dovesse descriversi, Ida lo farebbe così. E da oggi aggiungerebbe alla lista: stagista. Stagista in una grande-e-importante-agenzia-di-comunicazione. Non è quello che sognava da bambina, ma dopotutto non è la prima volta che le cose non vanno nella direzione sperata. Avrebbe voluto vivere ovunque tranne che a Milano, e vive a Milano. Voleva una relazione stabile, ed è stata lasciata. Ha studiato per diventare sceneggiatrice, e invece fa la social media manager. Ogni mattina si trascina in ufficio e, tra meeting, brainstorming e tante altre parole che finiscono in -ing, ci resta fino a sera, impegnata in un lavoro che non riesce a capire che lavoro sia, circondata da colleghi che sono simpatici e brillanti, sì, ma solo tra di loro. Fino al giorno in cui, stanca di una vita che troppo spesso si riduce a essere un pendolo che oscilla tra un file Excel e la prossima sbronza, Ida capisce che, per sopravvivere, deve adattarsi, assomigliare di più a loro – i suoi colleghi, il suo capo – e meno a sé stessa. E mentre le ambizioni cambiano e il confine tra giusto e sbagliato si fa inconsistente, rincorrerei suoi sogni diventa un capriccio che non può più concedersi. È ora di crescere: ridimensionare le aspettative e accettare i compromessi. Così, quando le arriva la notizia di un concorso a cui candidare il suo cortometraggio, Ida non sa che fare. Quasi non ricorda più chi volesse diventare da bambina. Ma non si può mai mentire del tutto a sé stessi. Almeno, non a quello che c’è in fondo alla propria anima.
L'INTERVISTA A SARA E JOLANDA
Come è nata la vostra collaborazione?
Sara: Ci siamo conosciute alla scuola Holden di Torino, eravamo in classe insieme e nello stesso corso di studi, abbiamo iniziato a collaborare in occasione del progetto finale dei due anni perché prima non avevamo mai collaborato.
Jolanda: Non avevamo mai avuto rapporti, prima di quel momento.
Sara: Non eravamo amiche e infatti ricordo questa scena un po' romantica di Jolanda che mi dice da lontano di fare il progetto finale insieme a lei e ad un'altra amica. E da lì abbiamo iniziato e non abbiamo più smesso. Quindi forse è nata prima la collaborazione lavorativa dell'amicizia, poi abbiamo visto che c'era una bella intesa e avevamo molte cose in comune, ci trovavamo sulla stessa linea di pensiero, sull'ironia, insomma volevamo raccontare le stesse cose e vedevamo il mondo allo stesso modo.
Da dove è venuta l'idea per il romanzo?
Jolanda: In realtà è stata molto fedele a quello che accade nel libro perché entrambe vivevamo stage infiniti, passavamo da varie agenzie e varie realtà e quando ci vedevamo eravamo fastidiose e monotematiche perché parlavamo dei colleghi, di quello che accadeva, di quello che non sapevamo fare...insomma tutti racconti di vita lavorativa. E tra l'altro io avevo iniziato uno stage nuovo dove prendere il telefono in mano non era ben visto, per cui da lì abbiamo cominciato a scriverci via mail, proprio come accade nel libro. Ci mandavamo queste mail per non farci scoprire e per parlare ma erano anche mail di SOS per chiedere come si facesse una determinata cosa. Noi abbiamo sempre scritto, eravamo sempre pronte a raccontare qualcosa e quindi è venuto spontaneo scrivere di questo argomento visto che è qualcosa che viviamo tutti i giorni. All'inizio il romanzo è nato come newsletter narrativa: volevamo che ogni capitolo fosse una puntata di questa storia, poi alla fine quando abbiamo concluso il progetto e abbiamo visto che ci piaceva molto abbiamo pensato di scriverci un romanzo vero e proprio. Giusto?
Sara: Tutto giusto!
E il personaggio di Ida come è nato? Un personaggio con il quale si ha un po' un rapporto di amore e odio durante la lettura.
Sara: Ida ci appartiene molto come personaggio, per un sacco di tempo ci siamo riferite al romanzo chiamandolo proprio Ida, volevamo creare un personaggio che fosse realistico, qualcuno che avesse delle zone d'ombra e delle zone di luce. Ida non è un personaggio pulito, non è perfetto e non è passivo e sicuramente è un personaggio che sbaglia. Il fatto di essere insicura sulle decisioni o su che cosa fare spesso la porta a sbagliare, a tratti è stanca, a volte è lamentosa ma volenterosa perché poi resta nel gioco. Insomma volevamo creare un personaggio complesso come sono le persone nella vita reale, non volevamo un personaggio pulito perché sarebbe stato noioso. Volevamo qualcuno che potesse rispecchiare anche noi, visto che abbiamo vissuto queste cose in primis, costrette in una posizione non facile da capire. Ma chi è passato nel mondo dello stage lo sa di cosa si parla: come per esempio fare qualcosa per cui tu non hai studiato o compiti ingrati, e quindi il suo disagio e la sua frustrazione derivano da quello. Volevamo che Ida fosse imperfetta. La puoi amare e la puoi odiare, puoi non concordare con quello che fa perché sbaglia, cerca di fare bene ma poi fa male.
Jolanda: Infatti ci sono stati dei capitoli in cui lei non faceva nulla di sbagliato e passava come l'eroina della situazione: quelle parti sono state riscritte per sporcare il suo personaggio, perché era un po' come se noi volessimo proteggerla, come se fosse una santa.
Sara: Quando l'abbiamo fatta uscire dalla posizione di vittima, tra il fidanzato che l'ha lasciata, il lavoro che non le piace e tutto quello che va storto, è diventata molto più umana e apprezzabile.
Ci sono tantissime tematiche nel romanzo come il mondo del lavoro e quello che succede, il fatto che non bisogna mai accontentarsi e continuare ad inseguire i propri sogni ma anche la difficoltà nell'ambientarsi al lavoro, voi come vi sentite a riguardo?
Jolanda: E' difficile darti una risposta, noi abbiamo fatto dei lavori per i quali appunto non avevamo studiato. Noi di base abbiamo studiato sceneggiatura e una volta uscite dalla scuola Holden pensavamo che avremmo scritto le fiction per la Rai, che saremmo andate a Roma...e lo pensavamo davvero un po' perchè venivamo da una bolla che non faceva che ripeterci che lo avremmo fatto e per difendere questo sogno ci siamo sempre ritagliate tanto per la scrittura. Per noi infatti poter portare avanti i nostri sogni e quindi la scrittura è stato vitale nonostante un lavoro che non rispecchiava quello che volevamo fare. C'è stato sacrificio, impegno, costanza e ora che è arrivato il libro c'è un bel po' di soddisfazione, ma ci sono stati anche tanti momenti negativi e questo può scoraggiare. Però bisogna sempre andare avanti.
Sara: Io infatti ho fatto lo stesso lavoro di Ida, la social media manager, insomma quando sono arrivata non sapevo nulla ed era come se le persone attorno a me parlassero una lingua diversa. Chiaramente non volevo stare là, non era quello che volevo, però ora che conosco il lavoro devo dire che mi piace e se non avessi mai fatto questa scelta l'idea per Ida non sarebbe mai arrivata.Non è sbagliato accogliere le possibilità perché non si sa mai cosa può uscirne, magari trovi comunque la strada per arrivare a quello che desideri fare davvero. Bisogna continuare a credere nel proprio sogno perchè se io lavorassi e basta sicuramente non starei bene, ma io riesco a lavorare con serenità proprio perché ho quest'altra cosa che mi fa stare bene.
A proposito di amicizia, Gio è una presenza molto forte nel romanzo, essendo la migliore amica di Ida e infatti comunicano sempre via mail ma Gio non compare mai di fatto, come mai questa scelta?
Sara: A livello narrativo è un destinatario, noi la conosciamo solo tramite Ida. Ci piaceva creare un personaggio senza mostrarlo davvero e soprattutto ci è piaciuto farla entrare in campo al momento giusto, perché aiuta ad entrare nella psicologia di Ida. Di fatto Ida parla con Gio con totale sincerità, è come se fosse il destinatario del suo diario segreto: le mail che Ida manda a Gio sono totalmente oneste e questo ci aiuta a capire meglio Ida e ad entrare in sintonia con lei.
Jolanda: Quello che dice Sara è fondamentale, anche perché noi volevamo fare un'immersione totale nella vita di Milano e quindi far sentire anche la solitudine di Ida, ci serviva isolarla per poi far arrivare Gio al momento giusto. E c'è anche un altro motivo: l'idea di avere un secondo libro con Gio. Ma vedremo come andrà.
Rispetto alla prima stesura, quanto è cambiato il romanzo?
Jolanda: Prima era appunto una newsletter, poi dalla seconda alla terza stesura è cambiato ancora di più, dalla terza alla quarta totalmente.
Sara: Come dicevamo la prima idea era quella della newsletter, ma oltre a questo aveva anche toni molto più cupi, raccontava molto meno e si focalizzava sempre sul lavoro, sembrava quasi un horror. Era proprio qualcosa di viscerale, dava sensazioni negative, insomma era bello tosto e pesante.
Jolanda: Volevamo parlare proprio della vita dello stagista che torna a casa con gli occhi rossi e sembra che sia il proprietario di un'azienda e invece è appunto uno stagista.
Sara: Volevamo raccontare i giochi di potere, il capo un po' ambiguo, cose di questo genere. Poi una volta capita la direzione abbiamo cambiato il tono, che è diventato un po' più rilassato, più leggero. Abbiamo cambiato altre cose con l'aiuto dell'editor di Garzanti, abbiamo raccontato più di Ida e del suo contesto, insomma è stato un bel lavoro di riscrittura e penso che ormai lo sappiamo a memoria per quanto ci abbiamo lavorato sopra.
E quanto tempo ci avete impiegato per scriverlo?
Jolanda: Abbiamo iniziato a lavorare alla newsletter quattro anni fa e da lì abbiamo iniziato a scrivere newsletter (che erano totalmente diverse, se vogliamo anche più rosa: erano più incentrate sulla storia d'amore piuttosto che sul lavoro da stagista) quindi già avevamo fatto un bel lavoro di scrittura, e una volta finito abbiamo presentato il progetto e poi da quel momento ci abbiamo messo altri due anni e mezzo, quasi tre per ultimarlo.
Qual è stata la parte più difficile da scrivere?
Sara: Io so qual è stata la più difficile (riferito a Jolanda)
Sicuramente quando abbiamo dovuto scrivere di Gigi (il capo di Ida) che si reca a casa di Ida per lavorare e si verificano determinate situazioni. L'abbiamo riscritto almeno sei volte prima di capire come farla funzionare, anche perchè prima era molto più cupa la situazione.
Jolanda: Assolutamente quello, ma non tanto perché non avevamo a fuoco quello che volevamo succedesse, ma perché il romanzo mentre lo scrivevamo si trasformava continuamente e volevamo dare la giusta importanza alla scena.
Sara: Ci abbiamo messo un po' a capire cosa era inerente alla storia, come era giusto far passare la scena non solo a livello di trama ma anche per coerenza dei personaggi.
Come funziona il vostro processo di scrittura? Nasce prima la storia, i personaggi oppure il finale?
Sara: Di solito funziona così: "Mi è successo qualcosa che dobbiamo assolutamente mettere nel libro", questa è la frase da cui tutto ha inizio. Quindi o ci succede in prima persona oppure è successo a qualcun altro, prendiamo spunto da eventi reali e dall'esigenza di metterlo su carta e poi partiamo con la scrittura. Quando succedono delle cose inziamo a pensare a come inserirle. Quindi il primo punto è la storia, cosa vogliamo dire veramente, da lì deriva il resto. Anche la fine infatti è stata l'ultima cosa, è cambiata mille volte proprio perché mentre si trasformava la storia cambiava anche la sua conclusione. Anche gli stessi personaggi al principio erano in un modo, poi si sono sviluppati diversamente e quindi questo ha influito sulla fine. Quello che conta è il messaggio che vogliamo mandare, parte tutto da quello. Bisogna avere un punto di partenza, facciamo partire in un modo Ida, spinta da un obiettivo e poi l'arco è un po' discendente, siamo molto attente a questo.
Jolanda: In generale niente viene lasciato al caso. La struttura dell'arco di cui parlava Sara è la struttura drammaturgica canonica in tre archi ossia la protagonista che vuole qualcosa, questo qualcosa è il più lontano possibile da lei e ci sono ostacoli da superare e noi questo lo abbiamo studiato e lo abbiamo messo in atto. Noi abbiamo scelto il tema, che non è stato deciso a tavolino ma era un qualcosa che avevamo bisogno di raccontare. Dopo aver messo giù il nucleo tematico eravamo pronte a partire e avevamo una scaletta di quello che doveva succedere capitolo per capitolo, poi una scriveva e lo passava all'altra ma siamo sempre state molto aperte nell'intervenire su alcune parti dell'altra, anzi siamo molto serene a riguardo.
Jolanda: Infatti una volta trovato il tono giusto, è venuto tutto molto spontaneo.
Come mai avete scelto questo titolo?
Sara: E' un po' un ritornello, io ho dei post di instagram del 2019, quando il libro non era ancora nemmeno in programma in cui scrivevo appunto "non è questo che sognavo da bambina", perché eravamo davvero sofferenti della situazione lavorativa.
Jolanda: Infatti quando abbiamo mandato il file a Garzanti per noi il titolo era in forse, nel senso che non pensavamo che sarebbe piaciuto. Quando ci hanno detto che gli piaceva, è stato fantastico. Pensavamo già a chiarmarlo qualcosa come La stagista o La mia vita da stagista e invece è stato approvato quello iniziale. Una vera soddisfazione.
Come descrivereste il romanzo in cinque parole?
Jolanda: Realistico, perché tolta una scena, niente è inventato. Certo, ci sono scene esagerate, ma è tutto vero.
Sara: Irriverente, nel senso che non è un romanzo che si fa problemi a dire le cose, anche quando sono scomode. Magari in modo ironico ma comunque non ha problemi a dirle.
Jolanda: Oltranzista, perché prende comunque delle posizioni impopolari.
Sara: Onesto: riesce a rappresentare un po' tutti i punti di vista perché c'è una protagonista principale, anche se cerchiamo di dare voce a tutti.
Jolanda: Generazionale, perché comunque quando parlavamo con altre persone, in tanti ci confermavano quello che raccontavamo. Quindi abbiamo portato una situazione che sentivano noi in primis ma che alla fine sentivano anche altre persone.
State lavorando a qualcosa di nuovo?
Jolanda: Al momento stiamo lavorando alla promozione del nuovo romanzo: perché oltre al lavoro c'è anche la promozione quindi siamo davvero full.
Sara: Per il momento abbiamo una data in presenza e devo dire che siamo contente vista la situazione, poi l'ufficio stampa si sta muovendo in questo senso quindi è tutto da vedere se saremo ulteriormente impegnate nella promozione in presenza.
Un'ultima domanda: che consiglio dareste agli autori emergenti?
Sara: Secondo me bisogna investire nelle scuole di scrittura, se si ha la possibilità, ovviamente. Poi bisogna essere molto aperti al confronto, non bisogna mai pensare a se stessi come ad un grande talento. Bisogna sempre essere aperti alla possibilità di avere critiche e ovviamente avere un approccio costruttivo: serve per migliorare.
Jolanda: Secondo me se c'è urgenza di scrivere si può scrivere davvero di tutto e forse è proprio questo che viene recepito.
Sara: Collegandomi a quello che dice Jolanda, secondo me conta anche il fatto di essere competenti in quello che decidi di raccontare. Nel nostro caso infatti noi padroneggiavamo molto bene il mondo che volevamo raccontare, per cui era la storia giusta, quella che aveva più urgenza di uscire, e questo ci ha ripagato.
Che ne pensate?
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